E ci risiamo. Ogni volta la stessa scena, la stessa, stucchevole sorpresa: il mostro è emerso, e la società si finge, per l'ennesima volta, colta alla sprovvista. Quel "bravo ragazzo" della porta accanto ha fatto la sua ennesima vittima, Pamela Genini, e se andremo a scavare, riemergeranno le solite, patetiche, inutili motivazioni. Una sequela di alibi che non spiegano nulla, ma che ci permettono di archiviare il caso con un sospiro di sollievo: "Ah, era lui il diverso."
Ma la domanda, cari lettori, è d'obbligo: quanto ancora vogliamo illuderci che il male sia un'entità aliena, estranea al nostro salotto ben curato?
Siamo così ossessionati dall'apparire impeccabili, così schiavi della superficialità e dell'esibizionismo da non vedere che il mostro si alimenta proprio di quella facciata. È l'ombra perfetta del nostro bisogno di piacere a tutti, di essere sempre "irreprensibili" per il mondo esterno.
Se siete stanchi di queste narrazioni preconfezionate, se intuite che la soluzione non sta nel puntare il dito ma nel capire la radice di questa deviazione, allora forse è il momento di guardare altrove.
Ho provato a smontare questo meccanismo perverso nel mio libro, "Era così un bravo ragazzo... poi ha smesso di piacere a tutti." (sì, proprio lui, lo trovate qui: [
Vi invito a prendervi un attimo per dare una sbirciata. Non troverete l'ennesima cronaca, ma un tentativo di arrivare all'origine che ha creato questo "MOSTRO" sociale. Perché, diciamocelo chiaramente, finché cercheremo il colpevole nella superficialità del "motivo", il vero problema continuerà a farci l'occhiolino indisturbato.
Non è ora di togliere la maschera, a noi stessi per primi?

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