Visto che ormai il mondo del calcio sembra diventato un enorme asilo nido dove tutto viene giustificato, tocca a me rimettere in fila i fatti sulla raccapricciante parabola di Massimiliano Allegri. Parlo di un uomo che, dietro la facciata del "vincente", nasconde un’arroganza e una volgarità che ormai hanno superato il limite della decenza sportiva e umana.
Partiamo dall'ultimo, patetico episodio: lo scontro con Gabriele Oriali. Offendere un uomo che è il simbolo dell'eleganza e del silenzio operoso è da mentecatti. Eppure, le istituzioni calcistiche — figlie di quel sistema molle che non sa mai punire davvero — se la cavano con una multa di 10.000 euro. Una cifra ridicola, che per un privilegiato del genere equivale a pagare una tassa sulla propria maleducazione.
Ma rinfreschiamoci la memoria, perché la lista degli "show" di questo signore è lunga e deprimente:
La finale di Coppa Italia 2024: Un delirio a reti unificate. Lo abbiamo visto spogliarsi platealmente come un forsennato, urlando contro Rocchi in tribuna come il peggior bulletto da bar di periferia. Ma il fondo lo ha toccato con Guido Vaciago: minacciare un giornalista di "strappargli le orecchie" è un atteggiamento squadrista, roba da TSO immediato, altro che esonero per "valori non consoni".
Il teatrino con Adani: La quintessenza della sua boria. "Stai zitto, parlo io che ho vinto". Ecco il mantra dei mediocri che, non avendo argomenti tattici per rispondere alla modernità, si fanno scudo con i trofei del passato. Un analfabetismo relazionale che ha alimentato un clima d'odio tra i tifosi per anni.
La guerra al VAR e al progresso: Le squalifiche recenti al Milan sono solo la conferma di un uomo incapace di accettare il cambiamento. Contestare la tecnologia con toni violenti e irrispettosi dimostra solo una cosa: la paura di chi sente che il proprio potere assoluto sta scricchiolando davanti all'evidenza dei fatti.
L'aggressione continua alle istituzioni: Vedere il "nonno" — come ama definirsi con un'ironia che ormai fa solo pena — inveire regolarmente contro quarti uomini e arbitri è diventato un rituale vomitevole. È l'immagine di un leader che non sa più gestire la pressione e che, appena le cose non girano, sbrana chiunque gli capiti a tiro.
Siamo davanti a un uomo che vive una profonda insofferenza verso chiunque osi mettere in discussione il suo dogma arcaico. Quella che un tempo passava per "ironia livornese" oggi è nuda e cruda cattiveria verbale.
Se siete tra quelli che ancora difendono questi atteggiamenti in nome del "carattere" o del "passato", andatevene fuori dai coglioni: lo sport è civiltà, e chi si comporta come un troglodita con la cravatta non merita né rispetto, né le cifre blu che continua a intascare. È ora di finirla con le multe simboliche: a certa gente bisognerebbe togliere il palcoscenico, oltre che metà dello stipendio.


Nessun commento:
Posta un commento