mercoledì 29 ottobre 2025

Amazon: 30mila licenziati con un'email grazie a Data Center che stanno prosciugando il Pianeta






 Non nasconderò la mia totale, glaciale mancanza di sorpresa. La notizia dei 30.000 (o giù di lì, ma cosa cambia nella sostanza?) licenziamenti in Amazon, con l’Intelligenza Artificiale che spunta come la causa più elegante e moderna, mi ha lasciato l'amaro in bocca, ma non certo stupito. Era solo questione di tempo, l'ho pensato per mesi: l’AI non è un "collega", è un compressore del mondo del lavoro. E, diciamocelo chiaramente, nel gioco cinico del profitto, chi può biasimare un colosso commerciale per voler eliminare un "fottio di spese in meno"?

Il Mito dell’Homo Faber Digitale

Guardiamo il mio stesso campo, quello della creazione di contenuti. Fino a ieri, per mettere insieme questo testo e farlo arrivare a voi, avrei avuto bisogno di un'intera parata di figure: il ghost-writer, il revisore pignolo, l'editore che "ci mette il suo", il promotore affannato. Oggi, tutto questo scompare. Posso scrivere e revisionare da solo, usando la tecnologia.

È un'ebbrezza di libertà, lo ammetto: addio al filtro, all'interpretazione altrui, a quel logorio di dover spiegare la tua sfumatura a chi la vede in bianco e nero. Ma in questa solitaria auto-sufficienza, non c'è anche un sentore di superficialità? Celebriamo l'efficienza, ma davvero la qualità di un'opera non beneficiava, anche se faticosamente, del confronto e del vaglio di altre menti umane? Forse l'AI mi permette di fare come voglio, ma non è detto che ciò che voglio sia sempre la cosa migliore. Siamo disposti a sacrificare il dibattito, il contraddittorio, sull'altare della velocità e del risparmio?

Il Posto Vuoto e il Nuovo Miraggio

Sento già le voci ottimiste levarsi in coro: "Si apriranno nuove opportunità!", "Nuovi canali di impiego!". Fantastico. Ma mentre un algoritmo sostituisce 100 persone nei servizi aziendali, quante ne serviranno per "addestrare" e mantenere quell'algoritmo? Due? Tre? Stiamo scambiando un vasto orizzonte di impieghi accessibili con una nicchia iper-specializzata, rendendo la salita al treno del lavoro sempre più ripida.

Il mondo è ormai "tecno-dipendente", e il mercato, ossessionato dall'esibizionismo del progresso, non tornerà indietro. E allora mi chiedo, senza alcuna vena consolatoria: la promessa di "altre opportunità" non è forse il placebo sociale con cui ci consoliamo per non affrontare la dura verità di una compressione irreversibile? Il risparmio di un'azienda è, a conti fatti, la disoccupazione di molti. E in questo splendido nuovo mondo efficiente, non siamo forse tutti un po' più soli, con la spada di Damocle di un algoritmo sulla testa?

La Sete Nascosta

Ma il colpo di grazia a questa narrazione patinata di efficienza e progresso arriva da un elemento che, per qualche strana e colpevole ragione, non finisce mai sulle prime pagine: l'acqua.

Mi è stato rivelato un fatto sconcertante: per funzionare, per addestrare i suoi modelli, l'AI ha bisogno di quantità spropositate di acqua, usata per raffreddare i giganteschi Data Center. Si parla di milioni di litri. Miliardi, se estendiamo il conto. L'atto banale di scrivere un'email con un chatbot avanzato ha un suo water footprint nascosto, pari a mezzo litro o più.

E qui la domanda retorica è d'obbligo, con un pizzico di amara ironia: come può una tecnologia spacciata come il futuro dell'umanità, e la cui adozione di massa sta costando migliaia di posti di lavoro, ignorare in modo così clamoroso un problema fondamentale come la crisi idrica globale?

L’AI, con tutta la sua intelligenza, ha una sete insaziabile, una sete che mette in evidenza la profonda contraddizione della società moderna: l'ossessione per il progresso tecnologico-economico è così accecante da farci accettare un danno ambientale significativo in silenzio. Il licenziamento di massa è un dramma sociale evidente, la sete di acqua dell'AI è un dramma ambientale che viene elegantemente nascosto.

È questa la nostra nuova, luccicante realtà: un'efficienza che taglia i costi e il personale, che promette un futuro tecnologico esaltante, ma che, sotto la superficie, continua a consumare risorse vitali e a ignorare le sfumature più amare dell'animo umano lasciato a casa con una mail. E in tutto questo, l'unica cosa che si esibisce davvero è la nostra capacità di auto-inganno.

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