La superficie contro la profondità
Purtroppo, è necessità quella di dare un nome e un volto a un "male" circoscritto. È più facile, per la società e per i media, etichettare un individuo come "assassino" o un gesto come "suicidio", piuttosto che ammettere che questi atti possono essere il sintomo di un malessere collettivo, di una cultura che premia la prevaricazione e l'omologazione.
Analizzare l'origine di questi comportamenti significherebbe mettere in discussione il tessuto sociale stesso: la famiglia, la scuola, l'educazione. Ci costringerebbe a guardare negli occhi le nostre stesse ipocrisie. Io le vivo da anni in ufficio avendo avuto due onte: " essere nato a Napoli" ed un aspetto " non del tutto convenzionale per rientrare nei canoni". Sono stato bersaglio di inutili critiche per ogni minimo sbaglio, senza mai dare valore a tutto quello di buono che facevo. Questo perché ci sono preconcetti che hanno radici ben profonde, soprattutto per chi non è OMOLOGABILE come gli altri. Forse è più comodo ignorare il fatto che il bullismo non è un fenomeno isolato, ma una forma di violenza che prospera dove l'empatia e l'altruismo sono considerati debolezze. Ci fa comodo pensare che il problema sia solo "quel ragazzino" che ha agito male, e non l'ambiente che lo ha reso tale.
Un sistema che si difende
Quando un dramma come questo accade in un contesto scolastico, come può una preside ammettere apertamente le mancanze della sua istituzione? Lo nega non solo per difendersi legalmente, ma per proteggere l'immagine di un sistema che si autodefinisce "inclusivo", mentre al suo interno si consumano dinamiche di esclusione e di sopraffazione. Che sono le stesse che si ritroveranno nel mondo del lavoro
E le famiglie? Non è forse vero che l'odio e il disprezzo per il "diverso" si imparano in casa, prima che a scuola? E che l'ego smisurato, l'esibizionismo e la superficialità, sono spesso il risultato di un'educazione che valuta più l'apparenza che la sostanza?
Non è forse ora di smettere di scandalizzarsi per il singolo atto di violenza e cominciare a chiederci perché la nostra società produce così tanti individui fragili, incapaci di affrontare le difficoltà, e al contempo tanti carnefici, che sembrano agire senza alcun senso di colpa?
Il vero problema, non è il gesto finale, ma ciò che lo alimenta. L'origine, spesso, non si trova nelle aule di tribunale, ma nelle dinamiche familiari, nei valori che passiamo, o non passiamo, ai nostri figli. Finché non avremo il coraggio di guardare in faccia questo specchio e di ammettere le nostre responsabilità, continueremo a piangere le vittime senza mai debellare la causa. E intanto, l'ostentazione e la vanità continueranno a mietere le loro vittime, in silenzio, sotto gli occhi di tutti.


1 commento:
quindi stai scrivendo che il problema non è la società e le sue dinamiche, ma la base su cui poi si orienta. Insomma per farla breve, se c'è tanta merd@ in giro è dovuto ad un mondo di stronzi e non a quelli che collocano la montagna
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