questo riprende il capitolo precedente:
https://myspacecomrafaelcoche.blogspot.com/2025/04/le-sbarre-dellillusione.html
Finalmente il cancello si aprì, e la libertà non fu una sensazione, ma una presenza. L'aria, i suoni, i colori del mondo esterno lo avvolsero in un'ondata che per un attimo gli tolse il respiro. E poi, eccola. Ferma lì, davanti a lui, come un miraggio che si faceva realtà. Raffaella. La stessa ragazza bionda di Ostuni, il suo angelo, era ancora lì ad aspettarlo.
E cazzo, era ancora più bella di come la ricordava.
I suoi capelli, di un biondo quasi accecante sotto il sole, le scendevano lisci sulle spalle, con una frangetta che le incorniciava la fronte. Sembravano profumare di primavera e di pulito, un contrasto violento con l'odore di muffa e disperazione che gli era rimasto addosso. Gli occhi, un incredibile mix di grigio e verde, lo scrutavano con una dolcezza che lo disarmava. La sua bocca, perfetta nel suo contorno, era di un rosa delicato, e quando sorrise, mostrando i denti bianchissimi, sembrò illuminare l'intera strada. Il suo corpo era minuto, ma non fragile. Tutte le forme erano al posto giusto, armoniose e perfette, e la sua presenza era un richiamo irresistibile alla vita che gli era stata negata.
Le parole, in quel momento, sembravano inutili. Pochi, frammenti di frasi, ma un sentimento che li travolgeva entrambi. L'abbraccio fu la vera lingua. Un contatto primordiale, un'esplosione di calore paragonabile alla colata di lava di un vulcano. Non un semplice abbraccio, ma un'esigenza fisica, un modo per fondere due anime e cancellare la distanza di anni di sofferenza.
Durante il viaggio in macchina, Raffaele parlò senza sosta. Un fiume in piena di progetti e ambizioni. Parlò dei magazzini in affitto, del materiale rimasto, di un guadagno stimato in almeno 100 mila euro. Con quei soldi, avrebbe finalmente potuto ricominciare. Trovarsi un alloggio, diventare un autore a tempo pieno. Aveva due format per programmi televisivi, un marchio depositato, varie altre idee. Era come se avesse bisogno di urlare al mondo che non era più un fantasma, ma un uomo pieno di futuro.
Raffaella lo interruppe una sola volta, con una domanda che gli piombò addosso come un macigno: "Sei sicuro? E se dovessero denunciarti ancora per altri traffici? Non hai paura di tornare in quell'incubo?".
Lui rispose con una sicurezza che sembrava volesse convincere più se stesso che lei. Nessun problema, tutti gli articoli in magazzino erano fuori mercato, non più identificabili dai codici. Erano passati due anni ad aspettare, ora era il momento di agire. Erano passati due anni, era davvero il momento di riflettere sul significato della libertà? Su cosa si sceglie di costruire dopo essere stati annientati?
La pulsione tra i due era quasi palpabile. Il desiderio di amarsi, di stare insieme, si faceva più forte ad ogni metro. Ma mentre salivano le scale verso l'appartamento di lei, l'imbarazzo e la tensione di Raffaele aumentavano. Aveva fatto l'amore in modo passivo per troppo tempo. Come avrebbe potuto, ora, essere lui stesso, amare di nuovo?
Non riuscì a trattenersi. Un singhiozzo, poi un altro, e un pianto che si fece fragoroso. Un'eruzione di dolore che si era tenuto dentro per anni. Tremava, le ginocchia che gli cedevano. Ma Raffaella, con una calma quasi ultraterrena, si prese cura di lui. Lo tenne stretto, lo cullò tra le braccia in un modo quasi materno, gli accarezzava la testa mentre lui si schiacciava contro il suo petto. Lui si appoggiò al suo seno, era schiacciato contro i suoi capezzoli, e il mondo smise di esistere. In quel gesto di cura, in quella sensazione di protezione, gli venne quasi naturale provare a succhiare, come un neonato in cerca di conforto. In un mondo di apparenze, dove l'età e la maturità esteriore contano più di quella interiore, quel gesto fu un'espressione di un bisogno primordiale, un'ammissione di fragilità.
Non ci fu nulla di strano per nessuno dei due. Entrambi sentivano l'ambiguità di quel gesto, ma non riuscivano a fermarsi, non volevano. E in quel momento, un sussurro inaspettato cambiò tutto: "E ora lasciati andare, sii pure te stesso, per me non ci sono problemi, sento già di amarti."
Lasciarsi andare? Essere se stesso? Non aveva forse appena mostrato la sua massima debolezza, la sua regressione? O forse, in quel gesto, stava finalmente iniziando a liberarsi, a dismettere i panni della vittima e a riprendere il controllo, non solo della sua vita, ma della sua identità? L'amore non era forse questo, accettare l'altro in tutte le sue sfumature, comprese quelle che la società definisce "sbagliate"? E cosa significava, per lui, "essere se stesso" ora che la sua identità era stata così brutalmente distrutta e ricostruita?

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