È mai possibile che l'Italia, culla di civiltà, si riduca a un susseguirsi di bollettini di guerra ogni volta che cade qualche goccia in più? Quello che descrive non è un'anomalia, ma la norma. Allagamenti, smottamenti, ponti che crollano: non sono "eventi eccezionali", sono la conseguenza prevedibile e tragica di decenni di scelte scellerate.
La manutenzione, è il punto cruciale. La tendenza a subappaltare, a tagliare sui costi per massimizzare il profitto, ha trasformato la cura del territorio in un'operazione cosmetica, una facciata che nasconde la putrefazione interna. Si preferisce la pompa di benzina dell'ego, l'apparenza di un'opera nuova, scintillante, piuttosto che il lavoro oscuro e vitale di pulizia dei fiumi e consolidamento dei versanti. E così, quando il fiume esonda, il fango non travolge solo case e strade, ma anche l'ipocrisia di un sistema che si vanta di modernità mentre si affloscia sotto il peso di un'acquazzone.
E che dire della cementificazione selvaggia? Si costruisce dove non si dovrebbe, si asfaltano aree verdi che un tempo assorbivano l'acqua come una spugna.( basta vedere la quantità assurda di alberghi costruiti nel versante adriatico)
Mentre in Italia ci si limita a contare i danni e a invocare lo stato di emergenza, altrove la gestione del territorio sembra essere una priorità di lungo periodo, non un'operazione di maquillage post-disastro.
Prendiamo la Germania, ad esempio, che nonostante le alluvioni catastrofiche, ha investito in un'ingegneria fluviale che mira a dare "spazio" al fiume, a non ingabbiarlo, ripristinando le aree golenali e le pianure alluvionali. E che dire della Svizzera? La loro cultura della prevenzione e la precisione nella manutenzione sono quasi proverbiali. Non è un caso se i loro corsi d'acqua, pur impetuosi, raramente causano i disastri che vediamo da noi. Si investe, si pianifica, si cura il dettaglio.

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