Cosmoteandrismo è il termine usato da Raimon Panikkar (filosofo ispano-indiano) per descrivere la propria visione della realtà, secondo la quale ogni ente reale mostra una dimensione di coscienza, di libertà (o di infinità) e di materialità.
In questo modo, i tre mondi (umano, divino e cosmico), pur distinguibili e gerarchicamente ordinabili, non sono separabili: ne risulta l'impossibilità di parlare di un uomo che non abbia un corpo materiale o di un Dio autosussistente, privo di qualsiasi corporeità e di qualsiasi rapporto con il mondo. ( per cui la figura è materializzata basta solo individu-arla )
Questa proposta tenta di superare la pretesa monistica di ridurre tutta la realtà ad un'unica sostanza (si pensi a Spinoza, o all'identificazione parmenidea tra essere e pensare), e al contempo di non ricadere nell'alternativa dualistica di fratturare la realtà in più sostanze indipendenti (si pensi a Cartesio).
Alle piccole scale, la materia ha un comportamento molto diverso che alle grandi scale. Ci chiediamo dunque: alle piccole scale che cosa è paragonabile alla gravitazione? Per adesso non esiste una teoria quantistica della gravitazione. [Ma] vorrei insistere sui caratteri comuni fra la legge della gravitazione e altre leggi. In primo luogo la sua espressione è matematica, come per altre; in secondo luogo non è esatta, cosa che vale per tutte le leggi che conosciamo. Può darsi che questa sia una proprietà della natura, la quale non utilizza che i suoi fili più lunghi per tessere i suoi motivi. Di conseguenza, ogni sua più piccola parte rivela la struttura dell'arazzo intero.
Richard Feynman, La loi de la gravitation.
Per Panikkar, la realtà è unica e multiforme, e non può essere ridotta né ad un solo modo di pensare, di parlare, di essere, né ad una opposizione tra fazioni in eterna incomprensione e lotta.
Panikkar evidenzia che non si tratta di un'idea originale bensì di una rappresentazione della realtà (in termini di tre mondi) che si è costantemente ripresentata nella storia del pensiero, in quasi tutte le culture (al di là del fatto che, a seconda della diverse mentalità, la triade assumesse la fisionomia di cielo-terra-inferi, passato-presente-futuro o Dei-uomini-Mondo).
Più nel dettaglio, ogni essere, dalla più semplice particella di materia al più complesso organismo dotato di autocoscienza, presenta tutte e tre le caratteristiche: così anche la pietra mostra l'appartenenza, oltre che ovviamente all'ambito della materialità, a quello del pensiero (se non vi fosse in qualche modo connessa, non sarebbe neanche pensabile) e a quello della libertà (o divinità, o infinità, come sembra attestato - oltre che dalla scienza moderna - dal fatto che la materia conserva a tutti i livelli la capacità di stupirci e di mostrare aspetti sempre nuovi ed imprevedibili).
Questo lavoro si colloca autorevolmente sulla scia di quella parte della tradizione filosofica che non si è accontentata della cosmovisione o della cosmologia come teoria, ma è andata alla ricerca di una comprensione della realtà intesa come coscienza del tutto. Un’opera fondamentale per comprendere la sfida posta al pensare dalla cosiddetta “coscienza cosmica” che la trasforma appunto in “coscienza teantropocosmica”. Colligite fragmenta: ecco il motto centrale di questa esplorazione della realtà. Il termine “teantropocosmico”, sebbene forse più cacofonico di “cosmoteandrico”, esprime più precisamente l’inscindibile costituzione trinitaria della realtà: Dio-Uomo-Mondo, intesa come una armonia in un tempo in cui la diaspora e la frammentazione fanno capolino in ogni dove.
Panikkar tenta una via per una visione “olistica” della realtà, una volta riconosciuta la sua natura pluralistica, ma cercando di non ricadere nell’errore di ripetere l’esperienza della torre di Babele. Una nuova ermeneutica della realtà, volta a trascendere la frammentarietà, a raccogliere in armonia i frammenti di una comprensione oggi come non mai significativa.
È richiesta una profonda trasformazione (metamorfosi o più precisamente metanoia). Ciò vale prima di tutto nella nostra “percezione” della materia e del cosmo (in direzione di una nuova saggezza della terra, o ecosofia). Ma è altrettanto urgente nella auto-comprensione di noi stessi e dell’umano in noi esseri umani. E, infine, nella consapevolezza dell’orizzonte del mistero nella realtà, che è appunto il divino.
La comprensione della realtà cui Panikkar ci invita è un’esperienza, che si compie dal punto di vista filosofico “superando il mentale” (metanoia, appunto), e più che un modello del reale costituisce piuttosto un movimento dinamico relazionale che svela la “danza del reale” cui prendiamo parte.
Una comprensione migliore di questa esperienza si compie comprendendo i tre “momenti” kairologici del dispiegarsi stesso della coscienza. Non si tratta di fasi o stadi di uno sviluppo cronologico, quanto di tre “atteggiamenti” della coscienza. Il primo è il “momento ecumenico” nel quale l’autocoscienza non si manifesta, e l’essere umano è immerso in una visione cosmocentrica della realtà (pp. 47-56); il secondo è il “momento economico” nel quale l’uomo di distingue ed estranea rispetto al cosmo e prevale la visione antropocentrica della realtà, che giunge fino alla attuale “crisi ecologica” (pp. 56-72). Il terzo momento è quello della nuova innocenza, (pp. 72-83), che incarna appunto la visione cosmoteandrica, la quale di per sé è indefinibile, ma rappresenta l’aspirazione alla vita in pienezza, e la coscienza di una partecipazione mistica alla vita, ed è frutto di una rigenerazione profonda.
Le tre “dimensioni” della realtà (cosmica, umana, divina) sono colte nella loro relazionalità radicale (perichôrêsis) e nella loro interindipendenza, relazione costitutiva della realtà stessa: esse «non sono né tre modi di una realtà monolitica indifferenziata, né tre elementi di un sistema plurale» (p. 93). Oltre «la tentazione monista di costruire un universo modalista semplicista», e oltre «la tentazione pluralista» che postula una molteplicità di elementi differenti e tra loro separati (p. 111).
Questa intuizione teantropocosmica, espressa in termini filosofici, è nello stesso tempo espressione di una nuova coscienza religiosa. Di nuovo, in Panikkar, si oltrepassano i confini: quelli della logica, ove, con un movimento che comporta l’“attraversamento” del logos (dia-ton-logon) si esplora un pensiero advaita; quelli dei compartimenti stagni che differenziano e oppongono tra loro il pensiero filosofico e l’esperienza religiosa.
La seconda parte del volume esplora la “mutazione storica” rappresentata dall’emergere di quella che Panikkar chiama “secolarità sacra”. Viene così esplorata la concezione del sacro a-dualista (advaita), appunto, che è intrinsecamente teantropocosmica.
La terza e ultima parte del volume è invece l’esplorazione, in nove sutra, degli aspetti di una spiritualità cosmoteandrica, intesa non come l’orizzonte di una nuova religione, quanto piuttosto come radice di ogni spiritualità, «in relazione trascendentale» con ogni spiritualità. Una collana di connessioni tra Vita, Essere, Parola, Silenzio, Vuoto, Azione, Mondo, Uomo e Divino.
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