venerdì 5 dicembre 2025

Ma cos'è sta cagata di Spotify Wrapped! Ehi ragazzo scegliti la Musica che vuoi tu certo che puoi!



Quando l'annuale riepilogo di Spotify, il Wrapped, irrompe sui nostri schermi, lo fa spesso con la forza di un verdetto. Ci ritroviamo proiettati in un ambiente digitale saturo di condivisioni e self-branding musicale, dove i dati si trasformano in giudizio sociale. Ed è qui che si annida una profonda inquietudine che sta toccando i giovani.

Immaginate il momento esatto in cui un ragazzo scorre i suoi risultati: il volto, fino a un istante prima rilassato nell'attesa, si fa improvvisamente teso e corrucciato. Le sue mani stringono un po' troppo il telefono. La musica in sottofondo – forse proprio una di quelle tracce incriminate – sembra improvvisamente stonata. Il suo Wrapped, anno dopo anno, suona come una ripetizione. Nonostante gli anni passino, la top five rimane inesorabilmente la stessa. Le vecchie passioni dominano, e accanto a qualche hit del momento, spiccano prepotentemente le sigle di anime cult e le epiche colonne sonore dei videogiochi.

Il sentimento è un misto di affetto per quei brani che sono pilastri emotivi e un’amara delusione, percepita come un freno al proprio percorso. L'ansia emerge con una domanda silenziosa: "Se la mia musica non è cambiata, significa che non sono cambiato neanche io?"

Si ha la sensazione che il proprio "tasso di crescita e maturazione" sia tristemente stagnante, come un fiume che si è fermato prima di arrivare al mare. È il timore che i propri gusti – così personali, così intimi – vengano interpretati come un segno di immaturità o, peggio, di resistenza al cambiamento. In questo mondo che corre veloce, dove il next big thing è l'unica moneta di scambio accettata, rimanere fedeli alle vecchie melodie può sembrare un'ammissione di sconfitta.



Trovo che sia un’autentica aberrazione sentimentale l'idea che la musica, con la sua intima e profonda natura, possa in qualche modo dettare o misurare il nostro personale tasso di crescita e maturazione.

La musica è, per sua essenza, pura irrazionalità in forma d'arte; sfugge a ogni tentativo di essere incasellata in una definizione algoritmica valida per tutti. Non è un dato statico da immagazzinare, ma piuttosto il riflesso fedele in certi momenti e stati emotivi che, spesso, non riusciamo nemmeno a comprendere appieno. Segue il nostro senso più istintivo, il nostro gusto che non chiede il permesso di esistere.



Ma è VINTED od ONLYFANS ?

Mi piacerebbe sapere come mai vendere vestiti su Vinted è diventato una fiera di zoccoloni, guardate che immagini... Stavo cercando un abito per la mia compagna, una vestaglia da camera, da avere per quando si fermava da me, ed improvvisamente mi sono arrivate una marea di foto di donne che sembrano più su Onlyfans che su Vinted

Come me, molti utenti hanno notato e sollevato riguardo a piattaforme di compravendita di abbigliamento di seconda mano come Vinted, soprattutto quando si cercano capi intimi o specifici come le vestaglie da camera.

La sensazione che sto descrivendo, quella di trovare immagini che sembrano più adatte a piattaforme per contenuti espliciti, è spesso il risultato di una combinazione di fattori legati al modo in cui la piattaforma è utilizzata e al tentativo dei venditori di massimizzare l'attenzione:

Per vendere su Vinted, la visibilità è fondamentale. Un capo indossato, soprattutto se aderente o intimo, tende a generare più engagement (clic, salvataggi) rispetto a una foto su appendiabiti. Questo engagement può far sì che l'algoritmo della piattaforma mostri l'articolo a più persone, anche se l'intenzione del venditore è solo di mostrare "come veste". Purtroppo, nell'era dei social media, c'è una tendenza generale a usare la sessualizzazione come strumento di marketing rapido per attirare l'occhio e capitalizzare sull'attenzione online, anche in contesti non direttamente correlati( per cui per vendere un abitino da 5 € le donne si trasformano in puttanoni???? Scusate ma di fondo non c'è una forte contraddizione con tutte le rivendicazioni di genere???)

Fate voi. vi sembra il caso:









giovedì 4 dicembre 2025

Clear-Coding : Cercare l'Anima Gemella con le Stesse App che Ce l'Hanno Fatta a Pezzi.


Partendo da quello che ho visto, davvero mi sorprendo a pensare come a volte sia incoerente tutto quello che si pensa e di conseguenza si legge. Insomma siamo nell'era in cui tutto, ogni cosa viene filtrato da sistemi artificiali, una foto, un video, un testo. Non vi è più alcuna certezza che abbia un'origine umana quello che vediamo, e questi ci scrivono questo?



Le app di dating, quelle che una volta venivano accusate di mortificare il romanticismo, oggi sono lo specchio di un desiderio collettivo che non è mai svanito: quello di incontrare qualcuno che ci somigli, ci ascolti e ci capisca. I report 2025 di Tinder, Hinge e Bumble ci raccontano un panorama che è tutto fuorché non romantico: i giovani, in particolare la Gen Z, non solo vogliono ancora credere nelle relazioni ma stanno anche provando a cambiare le regole del gioco, quelle tossiche che hanno spinto molte persone di altre generazioni a preferire essere single.

Chiedono chiarezza, connessioni vere, zero compromessi emotivi e conversazioni che vadano oltre. E per farlo, stanno iniziando a prendersi lo spazio (e il rispetto) che meritano. Fine dei giochetti? Sì, si spera: pare che adesso si dicano le cose come stanno. Chi è su Tinder non vuole perdere tempo, è finita l’era delle bio vaghe, dei segnali da interpretare, delle risposte a mezz’aria. La nuova parola d’ordine è Clear-Coding e non è una cosa legata all'algoritmo: è la tendenza a dire fin da subito che cosa si cerca. Una relazione seria, un’avventura senza drammi, solo due chiacchiere e un caffè: insomma poco importa "cosa" purché sia dichiarato apertamente.


È come se, saturati dall'artificio, avessimo sviluppato una sorta di anticorpo emotivo. La vita sui social è una messinscena continua, una galleria di momenti perfetti (e spesso falsi). Quando apriamo una di queste app di dating, siamo stanchi di recitare. Il filtro digitale ha esasperato la nostra fame di autenticità umana.

Il Paradosso dell'Algoritmo: Il sistema artificiale che filtra le nostre vite (foto, testi, video) è lo stesso che, paradossalmente, ci spinge a cercare l'unica cosa che non può replicare: la vibrazione unica di una vera connessione emotiva. L'algoritmo magari ci abbina, ma è la nostra anima che decide se scattare qualcosa. In questo senso, l'app non è più il "carnefice" del romanticismo, ma la sua ancora di salvezza in un mare di superficialità.