mercoledì 7 maggio 2025

Separati alla Nascita

 

Dai su sarà capitato anche a voi, e chissà quante volte di guardare qualcuno in video oppure in foto e pensare: "aspetta ma questo a chi somiglia ...." e non vi viene in mente e chiedete a chi vi sta vicino oppure cercate in web per trovare la possibile somiglianza. Ecco mi piacerebbe creare una carrellata, anche grazie ai vostri suggerimenti, dove poter inserire tutte le figure note che si assomigliano molto, e sembrano proprio:

"SEPARATI ALLA NASCITA"

Qui ho inserito i primi che mi sono venuti in mente, ma sicuramente ce ne saranno molti altri





Salah



Jamal Murray






Jamie Foox e Jimmy Butler





James Franco ed Alex De Minaur




Francesco Passaro e Francesco Totti




Laura Pergolizzi ed Ermal Meta





Prevost e Ranieri


martedì 29 aprile 2025

Le sbarre dell'illusione

 a new chapter for a new romance

1)Le Sbarre dell'Illusione

Le pareti grigie lo stringevano come un sudario di cemento. Raffaele fissava il soffitto scrostato della cella, un labirinto di crepe che si ramificavano come i sentieri sbagliati della sua esistenza. Era lì, nel cuore pulsante eppure freddo del carcere di Opera, incastrato nella tela appiccicosa delle sue stesse astuzie. L'accusa, come un'ombra persistente, gli ricordava costantemente la sua caduta: manipolazione di codici a barre, un inganno silenzioso che per anni aveva gonfiato le sue tasche e sgonfiato la sua coscienza.

Ancora nitida, come una diapositiva proiettata nella mente, si presentava l'immagine di quel primo colpo. Il televisore LED LG, scintillante nel reparto elettronica, con il suo prezzo esorbitante di 1100€. Lo bramava, un desiderio semplice e potente come il boato di uno stadio. Era l'estate del 2006, l'Italia in campo contro l'Australia, quel rigore al cardiopalma di Totti al novantaquattresimo. Voleva vivere quell'emozione su uno schermo degno. E così, la scintilla di un'idea malsana aveva illuminato la sua mente.

Il monitor Hisense, anonimo e modesto nel suo cartone da 125€, era stato il complice inconsapevole. Con una precisione quasi chirurgica, aveva staccato l'etichetta, quel rettangolo di righe nere e numeri, per poi adagiarla sulla scatola del ben più costoso LG. Il cuore gli batteva all'impazzata mentre si avvicinava alla cassa, il carrello che strideva sul pavimento lucido come un presagio. Il bip del lettore, quel suono secco e definitivo, aveva sancito la sua piccola, grande vittoria. Centoventicinque euro per un sogno da millecento. L'adrenalina, un fiume in piena, lo aveva travolto tornando a casa. Ma la vera audacia, il guizzo finale della sua sfrontatezza, era arrivato il giorno dopo: riportare l'Hisense, incassare il rimborso, e ritrovarsi padrone di un lussuoso televisore pagato con l'aria.

Per anni, quella spirale di piccoli furti era diventata la sua normalità. Dai beni di prima necessità ai vestiti firmati per la famiglia, fino all'ultimo modello di smartphone. Un'esistenza parallela, costruita su codici falsificati e scontrini manipolati. Non si era mai sentito un vero criminale, piuttosto un astuto "aggiustatore" della realtà, uno che si prendeva ciò che la vita sembrava negargli.

Poi, la ruota aveva iniziato a girare nel senso sbagliato. La brama di denaro facile lo aveva spinto a rivendere alcuni degli oggetti "acquistati" a prezzi stracciati. Un giro losco, fatto di sguardi sfuggenti e strette di mano frettolose, lo aveva inghiottito. La ricettazione, una parola grossa e pesante come le manette che gli avevano stretto i polsi, lo aveva condotto dritto qui, dietro queste mura.

La sua vita, un tempo un mosaico di piccole soddisfazioni illecite, si era frantumata in mille schegge taglienti. La moglie, incapace di sopportare il peso della vergogna e della sua doppia vita, lo aveva lasciato. Si era portata via i figli, lontano, in una città senza nome nella sua memoria. Anni di silenzio, di vuoto incolmabile.

Poi, come un raggio di sole in una giornata plumbea, era riapparsa Raffaella. La ragazza bionda di Milano, il ricordo caldo e spensierato di un'estate fugace ad Ostuni. Un'oasi di leggerezza in un deserto di rimpianti. Era stata una sorpresa inaspettata, un messaggio timido sui social, una voce gentile al telefono. Per fortuna che c'era lei, perché gli ultimi due anni lo avevano trasformato in qualcosa di abietto.

Fin dal suo arrivo, Raffaele era precipitato in un incubo senza fine, ostaggio della brutale gerarchia carceraria. Udogie, il colosso senegalese dalla forza bruta, e Samir, il marocchino dalla mente contorta, lo avevano preso di mira con una ferocia inaudita. La prima volta che Udogie lo aveva posseduto, la sensazione lancinante di un tronco che si faceva strada nel suo corpo era un ricordo indelebile, un marchio a fuoco sulla sua carne e nella sua memoria. Ogni fibra del suo essere si era ribellata a quella violenza animalesca.

Da quel giorno, la sua esistenza era diventata una sequenza di abusi e umiliazioni. Veniva costretto a indossare abiti femminili, stracci imbarazzanti che lo trasformavano in una caricatura grottesca di donna. Con quei panni addosso, doveva pulire la cella, lavare i loro luridi indumenti, rifare i letti in modo impeccabile e persino occuparsi della pulizia del water, un compito degradante che lo faceva sentire sempre più annientato.

A volte, Udogie e Samir lo costringevano a servirli mentre giocavano a carte. Vestito da sguattera, con le mani tremanti, doveva porgere loro vino o caffè, sentendosi gli occhi degli altri detenuti addosso, carichi di derisione o, peggio, di indifferenza. La sua dignità veniva calpestata giorno dopo giorno, ridotta a brandelli.

Le umiliazioni non si fermavano qui. Quando i due boss contraevano debiti di gioco con altri detenuti, spesso era Raffaele a dover "pagare" in natura. Veniva offerto come merce di scambio, costretto a subire ulteriori abusi sessuali che lo svuotavano sempre più della sua umanità. Ogni volta, si sentiva morire un po' di più, il suo corpo martoriato e la sua anima in frantumi.

Costretto a subire le umiliazioni di due boss all'interno del carcere, costretto a "fare la puttana" per sopravvivere in quel microcosmo brutale. Ogni giorno una ferita, ogni notte un incubo. Si sentiva sporco, svuotato di ogni dignità. Aveva dimenticato il suono della sua vera voce, i contorni del suo vero io.

Mancavano solo due mesi alla scarcerazione. Due mesi che sembravano un'eternità e un battito di ciglia allo stesso tempo. Quale uomo avrebbe trovato Raffaella? Un relitto, un'ombra sbiadita del ragazzo spensierato di Ostuni? Si guardava nello specchio opaco della cella e non si riconosceva. Il viso scavato, gli occhi persi in un vuoto senza fine. Una larva umana, intrappolata in un corpo che portava i segni indelebili dell'umiliazione e del rimorso. La speranza, un piccolo lumicino tremolante, si accendeva solo al pensiero di lei. Raffaella. L'unica ancora in un mare di disperazione. La donna bionda che forse, chissà, avrebbe potuto aiutarlo a ritrovare se stesso, a ricostruire dalle macerie quell'uomo che aveva smarrito dietro le sbarre dell'illusione.

mercoledì 23 aprile 2025

Un libro è per sempre

 


Elcoche - più conosco gli uomini più parlo con le donne

un breve estratto del capitolo " Cambi di prospettiva"

Nei giorni che seguirono l’incontro con Barbara, un’ombra di irrequietezza si allungò sull’animo di Paolo. Le parole di lei gli risuonavano dentro, insistenti come una eco in una stanza vuota: "…cosa sei tu? Cosa, davvero, ti fa sentire bene?". Aveva scalato posizioni, raggiunto uno status invidiabile, eppure quel vuoto interiore persisteva, la prova tangibile che la vera felicità gli sfuggiva ancora.

Anche la routine lavorativa, un tempo grigia e indifferente, si era tinta di colori vivaci. I colleghi, gli stessi che prima lo ignoravano con noncuranza, ora gli si facevano intorno, affamati della sua compagnia. Persino Marcelletti, l’austero dirigente della sua divisione, aveva finalmente posato lo sguardo sulle sue capacità, riconoscendone il valore con un’attenzione quasi sospetta.

Un pomeriggio, mentre sorseggiava un caffè amaro in sala relax, circondato da chiacchiere superficiali, sentì una voce chiamarlo. Si voltò e vide Marcelletti, inusualmente cordiale, che lo invitava nel suo ufficio con un cenno imperioso.

Paolo rimase interdetto per un istante. “Sarà per l’aumento”, pensò, un’eco lontana di una richiesta presentata mesi prima e ormai quasi dimenticata. Il bicchierino caldo gli scottava le dita, e in quel piccolo bruciore fisico avvertì un’onda di esitazione, come se una parte di sé non si sentisse ancora degna di quel riconoscimento. Sapeva di essere il motore del team, aveva lavorato sodo, notte e giorno, nell’ultimo anno per dimostrare il suo valore. Ma quella promozione tanto agognata… la desiderava ancora davvero? O aveva raggiunto un punto in cui le conquiste sociali gli sembravano effimere, quasi irrilevanti?

In quel preciso momento, una frase di Elcoche gli balenò nella mente: "quando cerchi altro poi l’altro cerca te". Ironico, pensò, come solo pochi mesi prima un invito del genere lo avrebbe mandato in estasi, mentre ora… un sorriso appena accennato gli increspò le labbra. "Vado subito, dottor Marcelletti", rispose con un tono di voce sorprendentemente piatto.

L’incontro che seguì fu, in apparenza, il più gratificante della sua carriera. Marcelletti, uomo di poche parole e gesti misurati, si sbilanciò in un elogio sperticato dei suoi risultati, sottolineando come nessuno, nella storia dell’azienda, avesse mai portato benefici materiali così consistenti. Lo incoraggiò a superarsi, con parole che suonavano quasi come un’investitura.

"Sono sicuro che ci darà ancora molte soddisfazioni, Paolo", disse il dirigente, appoggiandogli una mano sulla spalla con un’insolita familiarità. "La sua dedizione e il suo intuito le permetteranno di arrivare in alto, se lei lo vuole."

Paolo annuì, sentendo il peso di quella mano sulla spalla come un presagio. “Se lei lo vuole”. Ma cosa voleva davvero? Era quella la domanda che Barbara aveva piantato nel suo cuore, un seme di dubbio che ora germogliava rigoglioso.

Mentre usciva dall’ufficio, con le lodi del capo che ancora gli risuonavano nelle orecchie, incrociò lo sguardo di Laura, una collega con cui aveva sempre avuto un rapporto cordiale ma distaccato. Lei lo guardò con un’espressione strana, un misto di sorpresa e… qualcos’altro? Invidia? Preoccupazione?

"Complimenti, Paolo!", esclamò Laura, il tono di voce un po’ troppo alto, quasi forzato. "Marcelletti sembrava davvero impressionato."

"Sì, è stato… positivo", rispose Paolo, stringendo tra le mani i fogli che il dirigente gli aveva consegnato, una sorta di road map per i suoi futuri successi.

"Sai, si dice che lui non si sbilanci mai così tanto con nessuno", aggiunse Laura, avvicinandosi di un passo, la voce ora più bassa, quasi un sussurro. "C’è chi dice che… beh, che abbia i suoi metodi per ottenere ciò che vuole."

Paolo la guardò, un’ombra di sospetto che si insinuava nella sua mente. "Che intendi dire, Laura?"

Lei esitò un istante, gli occhi che saettavano verso la porta chiusa dell’ufficio di Marcelletti. "Niente di preciso. Solo… fai attenzione, Paolo. A volte, le offerte che sembrano troppo belle per essere vere… beh, spesso lo sono." Con un sorriso tirato, si allontanò, lasciando Paolo con un groviglio di pensieri inquietanti.

Il successo, l’approvazione, la scalata sociale… tutto ciò che aveva desiderato sembrava ora avvolto da un’aura ambigua, quasi minacciosa. Le parole di Barbara e l’avvertimento criptico di Laura si mescolavano nella sua mente, insinuando un dubbio serpeggiante: quale prezzo avrebbe dovuto pagare per quella tanto agognata "felicità"? E quale segreto inconfessabile si celava dietro la facciata impeccabile del suo dirigente?