a new chapter for a new romance
1)Le Sbarre dell'Illusione
Le pareti grigie lo stringevano
come un sudario di cemento. Raffaele fissava il soffitto scrostato
della cella, un labirinto di crepe che si ramificavano come i sentieri
sbagliati della sua esistenza. Era lì, nel cuore pulsante eppure freddo
del carcere di Opera, incastrato nella tela appiccicosa delle sue stesse
astuzie. L'accusa, come un'ombra persistente, gli ricordava
costantemente la sua caduta: manipolazione di codici a barre, un inganno
silenzioso che per anni aveva gonfiato le sue tasche e sgonfiato la sua
coscienza.
Ancora nitida, come una diapositiva proiettata nella
mente, si presentava l'immagine di quel primo colpo. Il televisore LED
LG, scintillante nel reparto elettronica, con il suo prezzo esorbitante
di 1100€. Lo bramava, un desiderio semplice e potente come il boato di
uno stadio. Era l'estate del 2006, l'Italia in campo contro l'Australia,
quel rigore al cardiopalma di Totti al novantaquattresimo. Voleva
vivere quell'emozione su uno schermo degno. E così, la scintilla di
un'idea malsana aveva illuminato la sua mente.
Il monitor Hisense,
anonimo e modesto nel suo cartone da 125€, era stato il complice
inconsapevole. Con una precisione quasi chirurgica, aveva staccato
l'etichetta, quel rettangolo di righe nere e numeri, per poi adagiarla
sulla scatola del ben più costoso LG. Il cuore gli batteva all'impazzata
mentre si avvicinava alla cassa, il carrello che strideva sul pavimento
lucido come un presagio. Il bip del lettore, quel suono secco e
definitivo, aveva sancito la sua piccola, grande vittoria.
Centoventicinque euro per un sogno da millecento. L'adrenalina, un fiume
in piena, lo aveva travolto tornando a casa. Ma la vera audacia, il
guizzo finale della sua sfrontatezza, era arrivato il giorno dopo:
riportare l'Hisense, incassare il rimborso, e ritrovarsi padrone di un
lussuoso televisore pagato con l'aria.
Per anni, quella spirale di
piccoli furti era diventata la sua normalità. Dai beni di prima
necessità ai vestiti firmati per la famiglia, fino all'ultimo modello di
smartphone. Un'esistenza parallela, costruita su codici falsificati e
scontrini manipolati. Non si era mai sentito un vero criminale,
piuttosto un astuto "aggiustatore" della realtà, uno che si prendeva ciò
che la vita sembrava negargli.
Poi, la ruota aveva iniziato a
girare nel senso sbagliato. La brama di denaro facile lo aveva spinto a
rivendere alcuni degli oggetti "acquistati" a prezzi stracciati. Un giro
losco, fatto di sguardi sfuggenti e strette di mano frettolose, lo
aveva inghiottito. La ricettazione, una parola grossa e pesante come le
manette che gli avevano stretto i polsi, lo aveva condotto dritto qui,
dietro queste mura.
La sua vita, un tempo un mosaico di piccole
soddisfazioni illecite, si era frantumata in mille schegge taglienti. La
moglie, incapace di sopportare il peso della vergogna e della sua
doppia vita, lo aveva lasciato. Si era portata via i figli, lontano, in
una città senza nome nella sua memoria. Anni di silenzio, di vuoto
incolmabile.
Poi, come un raggio di
sole in una giornata plumbea, era riapparsa Raffaella. La ragazza bionda
di Milano, il ricordo caldo e spensierato di un'estate fugace ad
Ostuni. Un'oasi di leggerezza in un deserto di rimpianti. Era stata una
sorpresa inaspettata, un messaggio timido sui social, una voce gentile
al telefono. Per fortuna che c'era lei, perché gli ultimi due anni lo
avevano trasformato in qualcosa di abietto.
Fin
dal suo arrivo, Raffaele era precipitato in un incubo senza fine,
ostaggio della brutale gerarchia carceraria. Udogie, il colosso
senegalese dalla forza bruta, e Samir, il marocchino dalla mente
contorta, lo avevano preso di mira con una ferocia inaudita. La prima
volta che Udogie lo aveva posseduto, la sensazione lancinante di un
tronco che si faceva strada nel suo corpo era un ricordo indelebile, un
marchio a fuoco sulla sua carne e nella sua memoria. Ogni fibra del suo
essere si era ribellata a quella violenza animalesca.
Da
quel giorno, la sua esistenza era diventata una sequenza di abusi e
umiliazioni. Veniva costretto a indossare abiti femminili, stracci
imbarazzanti che lo trasformavano in una caricatura grottesca di donna.
Con quei panni addosso, doveva pulire la cella, lavare i loro luridi
indumenti, rifare i letti in modo impeccabile e persino occuparsi della
pulizia del water, un compito degradante che lo faceva sentire sempre
più annientato.
A
volte, Udogie e Samir lo costringevano a servirli mentre giocavano a
carte. Vestito da sguattera, con le mani tremanti, doveva porgere loro
vino o caffè, sentendosi gli occhi degli altri detenuti addosso, carichi
di derisione o, peggio, di indifferenza. La sua dignità veniva
calpestata giorno dopo giorno, ridotta a brandelli.
Le
umiliazioni non si fermavano qui. Quando i due boss contraevano debiti
di gioco con altri detenuti, spesso era Raffaele a dover "pagare" in
natura. Veniva offerto come merce di scambio, costretto a subire
ulteriori abusi sessuali che lo svuotavano sempre più della sua umanità.
Ogni volta, si sentiva morire un po' di più, il suo corpo martoriato e
la sua anima in frantumi.
Costretto a subire
le umiliazioni di due boss all'interno del carcere, costretto a "fare la
puttana" per sopravvivere in quel microcosmo brutale. Ogni giorno una
ferita, ogni notte un incubo. Si sentiva sporco, svuotato di ogni
dignità. Aveva dimenticato il suono della sua vera voce, i contorni del
suo vero io.
Mancavano solo due mesi alla scarcerazione. Due
mesi che sembravano un'eternità e un battito di ciglia allo stesso
tempo. Quale uomo avrebbe trovato Raffaella? Un relitto, un'ombra
sbiadita del ragazzo spensierato di Ostuni? Si guardava nello specchio
opaco della cella e non si riconosceva. Il viso scavato, gli occhi persi
in un vuoto senza fine. Una larva umana, intrappolata in un corpo che
portava i segni indelebili dell'umiliazione e del rimorso. La speranza,
un piccolo lumicino tremolante, si accendeva solo al pensiero di lei.
Raffaella. L'unica ancora in un mare di disperazione. La donna bionda
che forse, chissà, avrebbe potuto aiutarlo a ritrovare se stesso, a
ricostruire dalle macerie quell'uomo che aveva smarrito dietro le sbarre
dell'illusione.