martedì 29 aprile 2025

Le sbarre dell'illusione

 a new chapter for a new romance

1)Le Sbarre dell'Illusione

Le pareti grigie lo stringevano come un sudario di cemento. Raffaele fissava il soffitto scrostato della cella, un labirinto di crepe che si ramificavano come i sentieri sbagliati della sua esistenza. Era lì, nel cuore pulsante eppure freddo del carcere di Opera, incastrato nella tela appiccicosa delle sue stesse astuzie. L'accusa, come un'ombra persistente, gli ricordava costantemente la sua caduta: manipolazione di codici a barre, un inganno silenzioso che per anni aveva gonfiato le sue tasche e sgonfiato la sua coscienza.

Ancora nitida, come una diapositiva proiettata nella mente, si presentava l'immagine di quel primo colpo. Il televisore LED LG, scintillante nel reparto elettronica, con il suo prezzo esorbitante di 1100€. Lo bramava, un desiderio semplice e potente come il boato di uno stadio. Era l'estate del 2006, l'Italia in campo contro l'Australia, quel rigore al cardiopalma di Totti al novantaquattresimo. Voleva vivere quell'emozione su uno schermo degno. E così, la scintilla di un'idea malsana aveva illuminato la sua mente.

Il monitor Hisense, anonimo e modesto nel suo cartone da 125€, era stato il complice inconsapevole. Con una precisione quasi chirurgica, aveva staccato l'etichetta, quel rettangolo di righe nere e numeri, per poi adagiarla sulla scatola del ben più costoso LG. Il cuore gli batteva all'impazzata mentre si avvicinava alla cassa, il carrello che strideva sul pavimento lucido come un presagio. Il bip del lettore, quel suono secco e definitivo, aveva sancito la sua piccola, grande vittoria. Centoventicinque euro per un sogno da millecento. L'adrenalina, un fiume in piena, lo aveva travolto tornando a casa. Ma la vera audacia, il guizzo finale della sua sfrontatezza, era arrivato il giorno dopo: riportare l'Hisense, incassare il rimborso, e ritrovarsi padrone di un lussuoso televisore pagato con l'aria.

Per anni, quella spirale di piccoli furti era diventata la sua normalità, un rifugio amaro dalla realtà che non sapeva come affrontare. Dai beni di prima necessità ai vestiti firmati per la famiglia, fino all'ultimo modello di smartphone. Un'esistenza parallela, costruita su codici falsificati e scontrini manipolati. Non si era mai sentito un vero criminale, piuttosto un astuto "aggiustatore" della realtà, uno che si prendeva ciò che la vita sembrava negargli, illudendosi di avere il controllo.

Poi, la ruota aveva iniziato a girare nel senso sbagliato, travolgendolo. La brama di denaro facile lo aveva spinto a rivendere alcuni degli oggetti "acquistati" a prezzi stracciati. Un giro losco, fatto di sguardi sfuggenti e strette di mano frettolose, lo aveva inghiottito. La ricettazione, una parola grossa e pesante come le manette che gli avevano stretto i polsi, lo aveva condotto dritto qui, dietro queste mura che sapevano di morte e disperazione.

La sua vita, un tempo un mosaico di piccole soddisfazioni illecite, si era frantumata in mille schegge taglienti. La moglie, incapace di sopportare il peso della vergogna e della sua doppia vita, lo aveva lasciato. Si era portata via i figli, lontano, in una città senza nome nella sua memoria, una ferita aperta che sanguinava ogni giorno. Anni di silenzio, di vuoto incolmabile, di notti insonni passate a fissare il soffitto.

Poi, come un raggio di sole in una giornata plumbea, era riapparsa Raffaella. La ragazza bionda di Milano, il ricordo caldo e spensierato di un'estate fugace ad Ostuni. Un'oasi di leggerezza in un deserto di rimpianti. Era stata una sorpresa inaspettata, un messaggio timido sui social, una voce gentile al telefono. Per fortuna che c'era lei, perché gli ultimi due anni lo avevano trasformato in qualcosa di abietto, un'ombra di se stesso.

Fin dal suo arrivo, Raffaele era precipitato in un incubo senza fine, ostaggio della brutale gerarchia carceraria. Udogie, il colosso senegalese dalla forza bruta, e Samir, il marocchino dalla mente contorta, lo avevano preso di mira con una ferocia inaudita. La prima volta che Udogie lo aveva posseduto, la sensazione lancinante di un tronco che si faceva strada nel suo corpo era un ricordo indelebile, un marchio a fuoco sulla sua carne e nella sua memoria. Ogni fibra del suo essere si era ribellata a quella violenza animalesca, ma nessuno lo aveva sentito, nessuno lo aveva aiutato.

Da quel giorno, la sua esistenza era diventata una sequenza di abusi e umiliazioni. Veniva costretto a indossare abiti femminili, stracci imbarazzanti che lo trasformavano in una caricatura grottesca di donna. Con quei panni addosso, doveva pulire la cella, lavare i loro luridi indumenti, rifare i letti in modo impeccabile e persino occuparsi della pulizia del water, un compito degradante che lo faceva sentire sempre più annientato. Paradossalmente, in alcuni momenti, Raffaele si ritrovava a indossare quegli abiti anche quando non era costretto, come se il suo corpo avesse ormai assorbito quella nuova, orribile normalità. Era una sorta di macabra accettazione, un modo per anestetizzare il dolore, per non sentire più la sua stessa ribellione.

A volte, Udogie e Samir lo costringevano a servirli mentre giocavano a carte. Vestito da sguattera, con le mani tremanti, doveva porgere loro vino o caffè, sentendosi gli occhi degli altri detenuti addosso, carichi di derisione o, peggio, di indifferenza. La sua dignità veniva calpestata giorno dopo giorno, ridotta a brandelli, e con essa la sua anima.

Le umiliazioni non si fermavano qui. In alcuni momenti, la disperazione era diventata insopportabile. Si era ritrovato a piangere, singhiozzando sommessamente nel buio della notte, la sua voce strozzata dai lamenti. Aveva persino provato a confidarsi con le guardie carcerarie, in un ultimo, disperato tentativo di salvezza. Aveva raccontato loro la sua angoscia, la violenza che subiva quotidianamente, la tortura di essere costretto a "fare la puttana" per sopravvivere. Non l'avesse mai fatto. Le sue parole erano diventate un boomerang, un'arma puntata contro di lui. Quelle stesse guardie, che avrebbero dovuto proteggerlo, si erano rivelate complici dei suoi aguzzini.

Pochi giorni dopo, era stato trascinato al centro di un'orgia. C'erano Udogie e Samir, certo, ma anche altri uomini anziani, dai volti sconosciuti e gli sguardi lascivi, che non aveva mai visto prima. E poi c'erano loro, le guardie a cui si era confidato, i suoi carnefici con la divisa, che lo osservavano con un misto di disprezzo e morbosa curiosità. Era stato costretto a subire ogni tipo di abominio, il suo corpo trasformato in un oggetto, la sua mente in un campo di battaglia. Si sentiva morire, svuotato di ogni dignità, di ogni speranza.

Quando i due boss contraevano debiti di gioco con altri detenuti, spesso era Raffaele a dover "pagare" in natura. Veniva offerto come merce di scambio, costretto a subire ulteriori abusi sessuali che lo svuotavano sempre più della sua umanità. Ogni volta, si sentiva morire un po' di più, il suo corpo martoriato e la sua anima in frantumi.

Costretto a subire le umiliazioni di due boss all'interno del carcere, costretto a "fare la puttana" per sopravvivere in quel microcosmo brutale. Ogni giorno una ferita, ogni notte un incubo. Si sentiva sporco, svuotato di ogni dignità. Aveva dimenticato il suono della sua vera voce, i contorni del suo vero io. Era diventato Raffaella, un'identità imposta, un guscio vuoto che si muoveva in un inferno senza fine.

Mancavano solo due mesi alla scarcerazione. Due mesi che sembravano un'eternità e un battito di ciglia allo stesso tempo. Quale uomo avrebbe trovato Raffaella? Un relitto, un'ombra sbiadita del ragazzo spensierato di Ostuni? Si guardava nello specchio opaco della cella e non si riconosceva. Il viso scavato, gli occhi persi in un vuoto senza fine. Una larva umana, intrappolata in un corpo che portava i segni indelebili dell'umiliazione e del rimorso. La speranza, un piccolo lumicino tremolante, si accendeva solo al pensiero di lei. Raffaella. L'unica ancora in un mare di disperazione. La donna bionda che forse, chissà, avrebbe potuto aiutarlo a ritrovare se stesso, a ricostruire dalle macerie quell'uomo che aveva smarrito dietro le sbarre dell'illusione.

Raffaella lo avrebbe saputo ritrovare l'uomo che era stato? E lei com'era diventata, cosa aveva fatto in tutto questo periodo? Beh sarebbe stato un motivo in più per ambire di nuovo ad avere una vita fuori da quell'inferno

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