Partendo
da quello che ho visto, davvero mi sorprendo a pensare come a volte sia
incoerente tutto quello che si pensa e di conseguenza si legge. Insomma siamo
nell'era in cui tutto, ogni cosa viene filtrato da sistemi artificiali, una
foto, un video, un testo. Non vi è più alcuna certezza che abbia un'origine
umana quello che vediamo, e questi ci scrivono questo?
Le app di dating, quelle che una volta venivano accusate di mortificare il romanticismo, oggi sono lo specchio di un desiderio collettivo che non è mai svanito: quello di incontrare qualcuno che ci somigli, ci ascolti e ci capisca. I report 2025 di Tinder, Hinge e Bumble ci raccontano un panorama che è tutto fuorché non romantico: i giovani, in particolare la Gen Z, non solo vogliono ancora credere nelle relazioni ma stanno anche provando a cambiare le regole del gioco, quelle tossiche che hanno spinto molte persone di altre generazioni a preferire essere single.
Chiedono chiarezza, connessioni vere, zero compromessi emotivi e conversazioni che vadano oltre. E per farlo, stanno iniziando a prendersi lo spazio (e il rispetto) che meritano. Fine dei giochetti? Sì, si spera: pare che adesso si dicano le cose come stanno. Chi è su Tinder non vuole perdere tempo, è finita l’era delle bio vaghe, dei segnali da interpretare, delle risposte a mezz’aria. La nuova parola d’ordine è Clear-Coding e non è una cosa legata all'algoritmo: è la tendenza a dire fin da subito che cosa si cerca. Una relazione seria, un’avventura senza drammi, solo due chiacchiere e un caffè: insomma poco importa "cosa" purché sia dichiarato apertamente.
È come
se, saturati dall'artificio, avessimo sviluppato una sorta di anticorpo
emotivo. La vita sui social è una messinscena continua, una galleria di momenti
perfetti (e spesso falsi). Quando apriamo una di queste app di
dating, siamo stanchi di recitare. Il filtro digitale ha esasperato la
nostra fame di autenticità umana.
Il Paradosso dell'Algoritmo: Il sistema artificiale che filtra le nostre vite (foto, testi, video) è lo stesso che, paradossalmente, ci spinge a cercare l'unica cosa che non può replicare: la vibrazione unica di una vera connessione emotiva. L'algoritmo magari ci abbina, ma è la nostra anima che decide se scattare qualcosa. In questo senso, l'app non è più il "carnefice" del romanticismo, ma la sua ancora di salvezza in un mare di superficialità.

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