17 novembre. Una data che per alcuni è solo un giorno come un altro; per me, è l'eco di un dolore, di un vuoto che si ripresenta. E proprio oggi, la notizia delle gemelle Kessler che scelgono la propria fine, insieme, con la stessa determinazione con cui calcavano i palcoscenici, ci costringe a fermarci.
Mi interrogo sul gesto. Sulla loro origine tedesca, che si associa ad una ferrea convinzione. Non si tratta forse di una dimostrazione, l'ultima, di una volontà che non accetta compromessi, che non tollera l'idea di un declino gestito da altri? Ma il vero quesito non è questo. È: cosa hanno voluto dire? Che sentimento ha guidato due icone, due volti eternamente giovani, verso l'annullamento della propria immagine terrena?
La vita da "copertina" è una prigione dorata. Non ti è permesso invecchiare, non ti è concesso essere fragile, non sei un essere umano ma un riflesso, una figura inesauribile.
Forse il loro gesto non è rassegnazione, ma l’atto finale della coerenza assoluta. Non potevano più esprimere quella forza scenica, quell'energia contagiosa che le aveva rese star. E anziché subire il lento sfiorire dei riflettori, hanno scelto di chiudere il sipario con un unico, maestoso, definitivo atto di regia. Insieme. Un patto non di morte, ma di eternità.
Questo ci porta alla domanda più vera, quella che pulsa sotto la superficie di ogni vita, sia essa durata novant’anni o pochi. Cosa ha più valore? Avere raggiunto ogni limite materiale, ogni successo visibile, esaurito ogni desiderio palpabile? Oppure dedicarsi alla creazione continua di una forza interiore che trascende la fisicità del corpo?
Alice ed Ellen Kessler hanno avuto tutto ciò che la materialità può offrire: fama, bellezza, successo. E quando il corpo ha iniziato a cedere il passo, la loro volontà, quella forza interiore forgiata da decenni di disciplina e coordinazione, non ha accettato di limitarsi. Hanno rifiutato l'idea che la fine dovesse essere passiva, decisa dalla biologia. Hanno riaffermato la loro identità indivisibile, la loro unità come l’unica cosa che contasse davvero.
Il loro gesto, può essere visto in modi diversi, smette di essere un semplice fatto di cronaca.Un sentimento che parla di libertà estrema e di un amore fraterno che va oltre l'esistenza fisica. Non hanno cercato una rinascita spirituale nell'annullamento, quanto piuttosto la preservazione di un legame e di un’immagine che il mondo, e forse nemmeno la vecchiaia, avrebbero mai potuto intaccare. Hanno scelto di restare le inseparabili e determinate gemelle Kessler. Ma da un altro punto di vista, ci si erge a designatore della propria fine, assumendosi una carica Divina, se vogliamo, che supera i confini della stessa nostra natura, per timore che sia essa a decidere per noi
La vita è una questione di scelte.
E noi? Che tipo di forza stiamo costruendo, oggi, nel silenzio dei nostri giorni, al di là dei nostri bisogni materiali?

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