Ancora sangue sulle strade di Milano, con un bambino travolto da un pirata in Piazza Durante, e altri incidenti che vedono coinvolti furgoni. E siamo solo a novembre, il mese che anticipa il delirio! Ma davvero dobbiamo aspettare dicembre, con la gente che si riversa nei negozi e i corrieri trasformati in piloti di Formula 1, per renderci conto che la velocità e l'avidità di consegna hanno un costo umano inaccettabile?
Capita a tutti: in tangenziale, in città, c'è sempre un furgone che ti sfreccia alle spalle, con una pressione tale che sembra stia scappando dopo una rapina, non che stia semplicemente consegnando un pacco. Le strade sono diventate un circuito a ostacoli, dove ogni pedone e ogni altra auto è un semplice "paletto" da evitare all'ultimo. Ma stiamo scherzando?
Domanda retorica: Davvero quel pacco deve arrivare a tutti i costi cinque minuti prima, anche a rischio di travolgere una vita? Qual è il valore di una consegna "ultra-rapida" di fronte al trauma di un incidente, o peggio, di una tragedia?
È ora di smetterla di puntare il dito solo sui singoli autisti. La responsabilità è chiaramente di quelle grandi compagnie di consegna che, per massimizzare i profitti e garantire la "consegna in 24 ore", spingono i propri dipendenti a ritmi insostenibili e a infrangere ogni regola del buon senso (e del codice della strada).
Basta con la superficialità di pensare che "tanto a me non succederà". L'esibizionismo della velocità sulle strade, dettato da logiche economiche spietate, è una piaga che va fermata alla radice.
La soluzione? Multe salate, ma che dico, salatissime, che colpiscano direttamente le casse delle multinazionali della logistica. Non l'autista stressato, ma l'azienda che lo mette nelle condizioni di essere un pericolo pubblico. Solo così, toccando il portafoglio di chi specula sulla fretta, forse torneremo a una guida più umana.
La vita vale infinitamente di più di qualsiasi "priority shipping". O no?

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