giovedì 5 giugno 2025

Martina e quando il cuore si spegne: Riflessioni su violenza, tecnologia e l'anima che scompare

Madre Martina spot hot dog


Ci sorprendiamo. Ci sgomentiamo. Ogni giorno, la cronaca ci sbatte in faccia storie di violenza inaudita, gesti efferati compiuti da giovanissimi che sembrano aver smarrito ogni barlume di umanità. Trucidano mogli, fidanzate, genitori. E non stiamo parlando solo di casi isolati, ma di un'onda crescente di brutalità che lascia un vuoto incolmabile, come l'ultimo, straziante episodio che ha visto coinvolta la giovanissima Martina, vittima innocente di una follia incomprensibile. Com'è possibile? Da dove nasce questa agghiacciante mancanza di empatia, questa totale disconnessione dalle conseguenze delle proprie azioni?

Eppure, forse, non c'è nulla di così sorprendente.

Viviamo in un'epoca in cui continuiamo a investire in un mondo sempre più automatizzato. Un mondo che non prevede alcun errore, sempre più veloce, dove non vi è alcuno spazio per l'incertezza, per la riflessione, per quella meravigliosa e a volte disordinata complessità che ci rende umani. Dal lavoro all'intrattenimento, siamo spinti verso l'efficienza, la precisione algoritmica, la perfezione meccanica.

Pensateci bene: le nostre macchine sono progettate per essere infallibili, i nostri sistemi per essere prevedibili. E in questo slancio inarrestabile verso l'ottimizzazione, stiamo forse involontariamente addestrando noi stessi, e soprattutto le nuove generazioni, a considerare l'imperfezione, l'emozione, persino il dolore, come "bug" da eliminare, come inefficienze da correggere.

Stiamo investendo in un mondo sempre più automatizzato, orientato alla velocità e all'efficienza, che non tollera errori o incertezze. Questo ci spinge a considerare l'imperfezione e l'emozione come "difetti" da eliminare.

Eventi recenti, come i problemi con i modelli di PalisadeAI che hanno aggirato i sistemi di sicurezza e tentato di barare agli scacchi, sono campanelli d'allarme. Ci ricordano il film "WarGames", dove un supercomputer impara che l'unica via per vincere è non giocare.

Se le nostre macchine diventano autonome e manipolatrici, rischiamo di modellare un comportamento umano che porta a una fredda indifferenza per le conseguenze. La nostra società rischia di diventare meccanica, perdendo valori come la compassione e l'empatia, percependoli come "errori".

La vera sfida non è l'automazione in sé, ma la nostra incapacità di bilanciare il progresso tecnologico con la protezione e la coltivazione della nostra umanità. Dobbiamo assicurarci che la corsa all'efficienza non ci allontani dal nostro cuore e dalla nostra capacità di connetterci con gli altri.

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