Il sole era una cappa rovente sulla battigia, che rendeva l'aria densa, quasi palpabile. Le onde accarezzavano la riva in un ritmo ipnotico e continuo. Raffaele, disteso sul lettino accanto a Dani, la sua attuale compagna, si ritrovò intrappolato in un’eco lontana.
«Ah, che estate memorabile, quella in Puglia,» mormorò l'uomo, la voce quasi annullata dal frastuono del mare.
Dani, impegnata a spalmare una crema protettiva con chirurgica meticolosità, replicò con un’alzata di sopracciglio. «Quella dove hai finito per assomigliare a un peperone arrostito, se non ricordo male, Raffaele?»
Lui sorrise meccanicamente, ma lo sguardo si perse nell'orizzonte cromatico, oltrepassando l'ovvietà della battuta. «Già, proprio quella…»
Dani si voltò completamente, percependo un’invisibile increspatura nel suo tono. Nei suoi occhi guizzò un lampo di sospetto, quel misto di curiosità e possessività che non si sopisce mai. «Ci pensi ancora? Sono passati anni luce, amore!»
«Lo so, lo so,» liquidò il compagno, alzando le mani in un gesto di resa che era più una fuga.
Ma, in realtà, spiaggiato su quel lettino lussuoso, la sua mente veleggiava altrove. I ricordi non sono forse l'unico lusso che il tempo non può svalutare? E quanto è ridicola la nostra presunzione di poter archiviare le passioni più vere?
La spiaggia di Ostuni era un tripudio, non di lusso, ma di energia pura. Il cobalto feroce dell'Adriatico si fondeva con l'azzurro estivo, e la sabbia candida restituiva una luce quasi spirituale. Il giovane napoletano, con capelli scuri come l'inchiostro e uno sguardo avido di vita, osservava Raffaella. Lei, capelli biondi che sembravano nati dal sale, aveva quel sorriso contagioso che non chiedeva permesso per esistere.
Lui si avvicinò. «Raffaella,» disse, e il nome gli suonò nuovo e urgente sulla lingua. «Che nome magnetico. Mi sa di antico, di quadro rinascimentale.»
La ragazza incrociò i suoi occhi, di un verde così luminoso da sembrare vetro di Murano. «Grazie. E tu sei Raffaele, giusto? Quello con l’aria da poeta maledetto in vacanza e il costume troppo attillato.»
«Già,» rispose il sognatore, sentendo il cuore rullare un tamburo impazzito nel petto. «Raffa e Raffa. Una rima baciata che suona bene, non trovi? Sembra l'inizio di una di quelle storie che nessuno crede esistano più.»
La bionda rise, una nota cristallina che sembrava sfidare il rumore di fondo della folla. «Sei decisamente un tipo insolito, napoletano. Non so se sia un complimento, ma hai catturato la mia attenzione, il che è già un buon punto.»
«Insolito, ma spero intrigante, o almeno indimenticabile,» sussurrò il ragazzo, con quel sorriso malizioso che all'epoca era la sua arma migliore.
L'interlocutrice alzò gli occhi al cielo in un gesto di finta esasperazione. «Forse. Solo un po'. Ma non prenderti troppo sul serio, poeta.»
Quella settimana che seguì fu un’accelerazione sensoriale, un accumulo di patos e ardore che oggi la memoria fatica a contenere. Passeggiate sulla riva al crepuscolo, un susseguirsi di non detti più eloquenti di qualsiasi dichiarazione.
Una notte, il culmine. Erano sul tetto piano di una masseria abbandonata, le stelle così vicine da sembrare uno sfondo di velluto nero. Il silenzio era denso.
«Sento che questa settimana non dovrebbe avere una scadenza,» disse il giovane, la voce roca, afferrandole il polso con un'urgenza inaspettata.
La milanese si girò, il volto appena sfiorato dalla luna. Non rispose con parole. Invece, si mosse, lenta, disfacendosi del costume come fosse una costrizione inutile. Le loro bocche si incontrarono, e l'urgenza di quel bacio sembrava voler bruciare il tempo, l'ossigeno. Le mani di lui affondarono nella salsedine dei suoi capelli. Era una confusione di corpi giovani e affamati, l'eros che finalmente stracciava la patina del romanticismo.
Lei ansimò, rompendo il bacio solo per riprenderlo con una foga inaspettata. Non è forse la passione vera quella che ti fa dimenticare chi sei e chi dovresti essere, e ti fa abbracciare la tua bestia interiore? Quella notte divenne il metro di paragone segreto per tutti i tiepidi incontri successivi.
«Mai,» rispose il compagno d'avventura, e il mondo per un po' si ridusse al perimetro di quel tetto.
Ma la settimana, come ogni cosa intensa e proibita, si concluse. La giovane donna rientrò a Milano; il nostro protagonista tornò alla sua Napoli, e le loro esistenze presero direzioni divergenti, lasciando dietro di sé solo una scia di rimpianti non elaborati, conservati come reliquie in un angolo remoto del cuore.
Quarant'anni dopo.
Raffaele si ritrovò in ufficio, le dita che danzavano stancamente sulla tastiera. La vita adulta era diventata un susseguirsi di scadenze e responsabilità, una narrazione molto meno hot. All'improvviso, lo schermo si illuminò. Una notifica, quasi un'anomalia nel flusso prevedibile del suo feed: "Nuovo messaggio da Raffaella87".
Il cuore, quel vecchio arnese, ebbe un sobbalzo inatteso, un guizzo di gioventù rubata. «Raffaella?» mormorò l'uomo maturo, incredulo che il passato potesse bussare in modo così digitale e diretto.
Aprì il messaggio. «Ciao,» recitava una voce familiare, ma mediata dal font impersonale.
«Amica mia, sei proprio tu?» digitò il quarantenne, le mani che vibravano leggermente.
«Sì, sono io. Raffaele?» replicò il messaggio.
Non è forse assurdo che dopo decenni di silenzio e di vita vissuta, basti un alias e un "ciao" per riaprire quell'unica ferita che la fretta e la superficialità non erano riuscite a guarire? E ora? Cosa si dice all'amore interrotto, quando si ripresenta come un fantasma nello schermo? La nostalgia è solo un bug della mente, o la prova che la sostanza di quei momenti è sempre più potente dell'apparenza che cerchiamo di ostentare nel nostro quotidiano?
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