Quando l'annuale riepilogo di Spotify, il Wrapped, irrompe sui nostri schermi, lo fa spesso con la forza di un verdetto. Ci ritroviamo proiettati in un ambiente digitale saturo di condivisioni e self-branding musicale, dove i dati si trasformano in giudizio sociale. Ed è qui che si annida una profonda inquietudine che sta toccando i giovani.
Immaginate il momento esatto in cui un ragazzo scorre i suoi risultati: il volto, fino a un istante prima rilassato nell'attesa, si fa improvvisamente teso e corrucciato. Le sue mani stringono un po' troppo il telefono. La musica in sottofondo – forse proprio una di quelle tracce incriminate – sembra improvvisamente stonata. Il suo Wrapped, anno dopo anno, suona come una ripetizione. Nonostante gli anni passino, la top five rimane inesorabilmente la stessa. Le vecchie passioni dominano, e accanto a qualche hit del momento, spiccano prepotentemente le sigle di anime cult e le epiche colonne sonore dei videogiochi.
Il sentimento è un misto di affetto per quei brani che sono pilastri emotivi e un’amara delusione, percepita come un freno al proprio percorso. L'ansia emerge con una domanda silenziosa: "Se la mia musica non è cambiata, significa che non sono cambiato neanche io?"
Si ha la sensazione che il proprio "tasso di crescita e maturazione" sia tristemente stagnante, come un fiume che si è fermato prima di arrivare al mare. È il timore che i propri gusti – così personali, così intimi – vengano interpretati come un segno di immaturità o, peggio, di resistenza al cambiamento. In questo mondo che corre veloce, dove il next big thing è l'unica moneta di scambio accettata, rimanere fedeli alle vecchie melodie può sembrare un'ammissione di sconfitta.
Trovo che sia un’autentica aberrazione sentimentale l'idea che la musica, con la sua intima e profonda natura, possa in qualche modo dettare o misurare il nostro personale tasso di crescita e maturazione.
La musica è, per sua essenza, pura irrazionalità in forma d'arte; sfugge a ogni tentativo di essere incasellata in una definizione algoritmica valida per tutti. Non è un dato statico da immagazzinare, ma piuttosto il riflesso fedele in certi momenti e stati emotivi che, spesso, non riusciamo nemmeno a comprendere appieno. Segue il nostro senso più istintivo, il nostro gusto che non chiede il permesso di esistere.


Nessun commento:
Posta un commento