giovedì 26 giugno 2025

5% La Danza delle Marionette e il Grande Burattinaio d'Oltreoceano

 



Ah, il sipario si è alzato ancora una volta sulla scena geopolitica, e quale spettacolo! L'ultima performance del Vertice NATO, con l'annuncio trionfale dell'aumento delle spese militari al 5%, non è stata altro che una riaffermazione, sonora e inequivocabile, di chi tiri i fili in questo teatro dell'assurdo. Sembra proprio che il Grande Capo a stelle e strisce, con la sua bacchetta magica (o forse sarebbe meglio dire, il suo portafoglio magico), continui a dirigere l'orchestra globale, con le economie del mondo intero che suonano la sua sinfonia.

E noi, poveri spettatori europei, avevamo quasi creduto alla favola della liberazione! Con il prode Trump, una sorta di Grinch natalizio per l'Alleanza Atlantica, che all'inizio dell'anno minacciava sfracelli e brandiva la scure dei superdazi come se fossero caramelle avvelenate per i maggiori esportatori europei, avevamo accarezzato l'illusione di una possibile fuga dalla gabbia dorata. L'Europa, in un sussulto di dignità, avrebbe potuto finalmente spiccare il volo, liberandosi dalle catene di un'obbedienza forse troppo zelante.

E invece? Ahimè, la storia si ripete con la precisione di un orologio svizzero, ma con la flessibilità di un giunco al vento. L'Europa, con una grazia che rasenta la tragicommedia, ha scelto ancora una volta la posizione del piegamento a 90 gradi. Nessun guizzo di genio politico, nessuna visione lungimirante di crescita e indipendenza. Solo un inchino profondo, un omaggio all'inevitabile, mentre la torta globale viene spartita ancora una volta, con una fetta particolarmente generosa per l'economia anglosassone (e qui, permettetemi di sussurrare, vedo l'ombra del Regno Unito che si strofina le mani nell'ombra, come un sornione gatto del Cheshire).

E la nostra Giorgia? La nostra fiera leonessa, che in questi anni ha dimostrato una capacità politica tale da far impallidire i dinosauri, sono certo che si sia trovata incastrata in questo meccanismo infernale. Costretta ad accettare una situazione che, per noi comuni mortali, non può che tradursi in una sconfitta collettiva, un ennesimo sacrificio sull'altare di un interesse che non è il nostro.

Perché, vedete, la politica non è un concorso di bellezza per i migliori slogan, come spesso accade a sinistra con i suoi proclami roboanti (e la nostra segretaria Schlein non fa eccezione). Non basta sventolare bandiere e urlare ai quattro venti le proprie intenzioni. Bisogna sporcarsi le mani, calarsi nelle sabbie mobili dei meccanismi internazionali e, soprattutto, trovare il modo di fare fronte comune. Non come il povero Sanchez, che si è avventurato in solitaria, e che, ne sono certo, si ritroverà presto con un bel conto da pagare.

L'arte della politica, quella vera, consiste nel far convergere gli interessi di tutti verso un'unica, grande, luminosa stella polare: un interesse comune che promette ben più vantaggi di quanto non offra la cieca obbedienza al Grande Capo a stelle strisce. Forse un giorno, chissà, l'Europa troverà la sua spina dorsale e imparerà a ballare un'altra melodia. O forse continueremo a essere solo delle marionette, in attesa del prossimo spettacolo.

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