Le recenti dichiarazioni di Matteo Berrettini rivelano un momento di profonda difficoltà e sconforto per il tennista romano. Le sue parole, "Fondamentalmente sono stanco, stanco di rincorrere sempre qualcosa. (Tipo il servizio a 230 km/h o la palla break sul 30-40, magari pure il prossimo infortunio dietro l'angolo, chissà) Per questo ho bisogno di prendermi giorni per pensare, per decidere cosa fare del futuro perché stare in campo così non è quello che voglio” (e onestamente, vedere le partite così non è quello che vogliamo nemmeno noi, Matteo!), evidenziano una fatica non solo fisica, ma soprattutto mentale. Nonostante affermi di non stare male fisicamente, l'assenza di energia e i "tanti momenti di down" dopo Roma (forse un po' troppe carbonare dopo gli allenamenti? Scherzo, ovviamente) suggeriscono un esaurimento psicologico significativo.
Il peso delle aspettative e le difficoltà post-infortunio
Il problema principale di Berrettini potrebbe essere la sua incapacità di gestire le sconfitte. Certamente, l'immagine di lui dopo la finale di Wimbledon persa con Djokovic nel 2021 e la tendenza a giustificarsi con infortuni possono far pensare a una difficoltà nell'accettare la sconfitta. La sua "scomparsa" dopo la sconfitta con Sinner a Wimbledon lo scorso anno, nonostante un periodo precedente positivo, rafforzerebbe questa ipotesi.
Tuttavia, è importante considerare il contesto più ampio. Berrettini ha affrontato un periodo costellato di infortuni, che lo hanno tenuto lontano dai campi e interrotto il suo ritmo di gioco, questo è quello che ci hanno detto. Si potrebbe capire un tipo di infortunio ricorrente, ma qui parliamo di caviglie, polso, dito, addominali, e non so cos'altro... ma com'è possibile? Questo continuo "rincorrere" la forma fisica e la condizione migliore può essere estremamente logorante a livello mentale, quindi può essere legato ad un modo di prepararsi non adeguato o comunque discontinuo. Ogni rientro, ogni speranza di tornare ai massimi livelli, può essere accompagnata dalla paura di un nuovo stop, creando un ciclo vizioso di pressione e frustrazione, anche se poi lo stop è conciso perdendo con qualcuno che era più preparato e più forte di lui
Perchè non ingaggiare un professionista, tipo un mental coach, potrebbe aiutarlo a:
Gestire la pressione e le aspettative: Imparare a convivere con le alte aspettative, sia esterne che interne, è fondamentale per un atleta di alto livello.
Elaborare le sconfitte in modo costruttivo: Trasformare le sconfitte da eventi traumatici a opportunità di apprendimento e crescita.
Ricostruire la fiducia in se stesso: Dopo periodi di infortuni e risultati altalenanti, è essenziale ritrovare la fiducia nelle proprie capacità.
Migliorare la resilienza mentale: Sviluppare la capacità di superare le difficoltà e gli ostacoli, sia in campo che fuori.
Trovare nuove motivazioni: Aiutare Berrettini a ridefinire i suoi obiettivi e a trovare nuove energie per affrontare le sfide future.
Le parole di Berrettini sono un segnale forte di un disagio profondo. Prendendo una pausa e, probabilmente, affidandosi al supporto di un mental coach, potrebbe ritrovare la serenità e la motivazione necessarie per affrontare il suo futuro nel tennis, qualunque esso sia, con una prospettiva più equilibrata.



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