venerdì 23 maggio 2025

Roma: Quattordici Anni di Immobilità e Abusivismo Dilagante

 



Articolo del marzo 2011 - è cambiato qualcosa? 

Roma: Quattordici Anni di Immobilità e Abusivismo Dilagante

ROMA – Preti, costruttori, calciatori, avvocati. E ancora, circoli canottieri, associazioni culturali, malavitosi di ogni sorta, persino ristoranti e discoteche. Quattordici anni fa, nel 2011, due CD contenenti il "libro nero dell'abusivismo edilizio" giacevano per mesi in un ufficio del Campidoglio, con dentro tutta "la Roma che conta". Un elenco dettagliato di oltre 12.000 abusi, documentati da fotografie aeree inequivocabili scattate prima e dopo le costruzioni illecite. Oggi, a distanza di un decennio e mezzo, la situazione non solo non è migliorata, ma è sprofondata in un immobilismo sconcertante, sotto amministrazioni comunali che non sono riuscite nemmeno a rifare le strade, lasciando interi quartieri allo sbando.

Dal 2011 ad oggi, le promesse di "ripulire" la città dagli scempi sono rimaste lettera morta. Le ruspe sono rimaste in deposito, i vigili urbani ai semafori, gli abbattimenti a quota zero. L'indifferenza e l'inefficienza delle successive giunte comunali hanno permesso che la piaga dell'abusivismo edilizio continuasse a proliferare, trasformando Roma in un far west urbanistico. Interi quartieri mostrano i segni di questa incuria, con strade dissestate e infrastrutture fatiscenti, mentre le costruzioni abusive, da quelle a due passi dal Colosseo a quelle nei parchi protetti, continuano a deturpare il paesaggio urbano e naturale.


La Casta del Cemento: Nomi Eccellenti e Impunità Assicurata

Il "libro nero" del 2011 svelava una realtà sconcertante: il Comune di Roma sapeva tutto, da sempre. Gli stessi proprietari degli abusi, certi dell'impunità, si erano "autodenunciati" inoltrando domande di condono. Richieste spesso palesemente non sanabili, come l'appartamento con terrazza sbocciato su un tetto a ridosso di Piazza Navona, o la villa in marmo con piscina costruita spianando un bosco nel parco di Veio.

L'elenco, riferito al terzo condono edilizio del 2003 (governo Berlusconi), includeva nomi di spicco: da Luigi Cremonini, imprenditore della carne, a Federica Bonifaci, figlia del costruttore. Ma non solo: figuravano anche Maria Carmela d'Urso (Barbara d'Urso), il calciatore Dejan Stankovic, la moglie del rettore della Sapienza Luigi Frati, e persino istituzioni religiose come l'Istituto figlie del Sacro Cuore di Gesù e le Suore Ospedaliere della Misericordia. La lista comprendeva inoltre luoghi di ritrovo della "Roma bene" come il Parco dè Medici Sporting Club e la discoteca Chalet Europa, oltre a decine di società immobiliari e aziende comunali come AMA, ACEA e persino Risorse per Roma, la municipalizzata incaricata proprio delle pratiche di condono. Emblematico il caso in cui lo stesso Comune di Roma aveva chiesto il condono per un'opera abusiva in pieno parco del Litorale romano.


Un Sistema Bloccato e un Business Redditizio

Il report di 14 anni fa evidenziava come l'allora sindaco Alemanno avesse fatto "fare la muffa" alla lista delle "reiezioni", le domande di condono da respingere. Nemmeno un atto era stato notificato, per timore di perdere "migliaia di voti" e la "simpatia dei grandi elettori". Questo immobilismo ha creato un sistema in cui i condoni edilizi sono diventati un business redditizio e politicamente conveniente. Le sanatorie facevano girare ingenti somme di denaro, ingrassando le casse delle amministrazioni senza però scontentare nessuno, dal momento che non si arrivava mai alle demolizioni.

Dal 1994 al 2005, le giunte Rutelli e Veltroni avevano incamerato centinaia di milioni di euro grazie ai condoni. Il segreto di questo meccanismo perverso era proprio non arrivare mai alle demolizioni, spezzando così la catena di interessi che tiene in piedi tutto. Le domande di condono venivano presentate e automaticamente "insabbiate" dal Comune, senza ruspe, multe o procedimenti. La Procura di Roma, già allora, aveva sequestrato migliaia di pratiche "fuori termine", cercando di capire perché non fossero state notificate ai proprietari.


Il Porto delle Nebbie: Controlli Inesistenti e Malaffare

L'azienda privata Gemma Spa, incaricata di valutare le richieste di condono, era al centro delle indagini. Accusata di lentezza e di aver operato al di sotto degli standard contrattuali, veniva comunque regolarmente pagata milioni di euro. I PM romani indagavano i vertici dell'azienda e gli assessori all'Urbanistica, sospettando che Gemma fosse una "carrozzone, una sorta di Bancomat della politica". Un documento confidenziale interno del 2007, redatto da un direttore dell'Ufficio Condono, denunciava che dietro tali procedure "spesso si è nascosta la tentazione di poter agire al limite della norma se non, addirittura, in esse si è annidato il malaffare".

Anche il sistema informatico "Sices" della Unisys, utilizzato per la lavorazione dei fascicoli, era sotto accusa: la Guardia di Finanza aveva dimostrato che i dipendenti dell'Ufficio Condono potevano accedervi e modificare i fascicoli senza lasciare traccia. Un vero e proprio "porto delle nebbie" dove, già allora, giacevano 250.000 pratiche, di cui almeno la metà da rigettare.

Oggi, nel 2025, la situazione non è cambiata. Quattordici anni sono passati, e le ruspe non si sono mosse. Il lassismo delle amministrazioni romane ha consentito che l'abusivismo diventasse la norma, con intere zone della città abbandonate a se stesse e infrastrutture essenziali, come le strade, in uno stato vergognoso. I "furbetti del terrazzino" e delle villette abusive continuano a dormire sonni tranquilli sotto i loro tetti illegali, mentre i cittadini onesti pagano il prezzo di un'immobilismo politico che ha affossato la Capitale.

Cosa si intende fare per invertire questa rotta e restituire dignità a Roma?

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